“Hai fatto questo a casa tua e ti licenzio”: ora il datore ti controlla anche fuori | Migliaia di persone senza posto di lavoro

Licenziamento

Licenziamento- Foto di Anna Shvets da Pexels -LaGazzettadiMassaeCarrara.it

Si fa sempre più esiguo il confine tra vita privata e lavoro: ecco in quali occasioni si può essere controllati e anche licenziati per inadempimento degli obblighi professionali anche fuori dagli orari di lavoro.

Non si sente spesso parlare di “fedeltà aziendale“, eppure questo concetto è molto importante nell’ambito professionale e si estende ben oltre il consueto orario di servizio stabilito dal contratto di assunzione.

Recenti sviluppi giurisprudenziali hanno confermato che il lavoratore subordinato è chiamato a rispettare determinati obblighi di lealtà anche nella sua sfera privata. In caso contrario rischia il licenziamento per giusta causa.

A regolamentare questa situazione è intervenuta l’ordinanza della Corte di Cassazione n. 3405 del 10 febbraio 2025. La sentenza ha ribadito l’obbligo di fedeltà secondo il quale si devono evitare atti di concorrenza diretta.

Viene precisato, però, che questo obbligo implica anche la necessità di astenersi da qualsiasi attività che possa ledere la fiducia del datore di lavoro anche in orari e giorni slegati dal lavoro dipendente.

Secondo lavoro: ecco perché si rischia il licenziamento per giusta causa

Il caso che ha dato origine alla sentenza riguarda un dipendente delle Ferrovie dello Stato. Costui, oltre al suo impiego, gestiva attività imprenditoriali nel settore della cantieristica navale senza autorizzazione. Questa condotta è stata considerata una violazione del codice etico aziendale ed è stato così giustificato il suo licenziamento. La decisione ha confermato il principio secondo il quale le azioni compiute fuori dall’ufficio possono avere conseguenze dirette sul rapporto lavorativo.

La normativa vigente stabilisce, infatti, che ogni rapporto di lavoro si basa su principi chiari e imprescindibili, sanciti dal Codice Civile agli articoli 2104 e 2105. Il dipendente è tenuto a comportarsi con diligenza e correttezza, evitando qualsiasi condotta che possa risultare in conflitto con gli interessi dell’azienda. La Cassazione ha evidenziato che questa condotta comporta anche il rispetto di regole di trasparenza e buona fede. Nel caso specifico il lavoratore ricopriva altri ruoli operativi presso altre società e non aveva informato il suo datore di lavoro. Questa omissione ha determinato una frattura nel rapporto fiduciario che si instaura tra capo e dipendente.

Sentenza legislativa
Sentenza legislativa- Foto di KATRIN BOLOVTSOVA da Pexels-LaGazzettadiMassaeCarrara.it

Collaborazioni con altre società: necessaria l’autorizzazione del datore di lavoro

La sentenza è destinata a fare scuola riguardo ai poteri di controllo del datore di lavoro sulle attività extra-professionali dei dipendenti. In passato, infatti, il licenziamento era circoscritto a violazioni commesse all’interno del perimetro aziendale, mentre oggi vengono considerate anche le condotte esterne al luogo di lavoro.

Molte aziende adottano già codici etici stringenti, che impongono ai dipendenti di ottenere autorizzazioni per eventuali collaborazioni con soggetti terzi. Dopo questa decisione il rischio di licenziamento per giusta causa diventa più concreto per chiunque eserciti attività potenzialmente incompatibili con la propria occupazione principale.